In breve | Il “Caseificio Vegano di Barbara Ferrante & C.”, con sede a San Giovanni in Persiceto (BO), ha ricevuto una diffida dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste per aver usato la parola “formaggio” e “naturalmente senza colesterolo” per indicare i suoi prodotti vegetali. Preventivate sanzioni fino a 30 mila euro.

Scrive “formaggio vegano”: il caseificio vegano riceve una sanzione da oltre 30 mila euro

Il “Caseificio Vegano di Barbara Ferrante & C.” è un piccolo caseificio artigianale a gestione familiare situato a San Giovanni in Persiceto (BO). Da anni l’azienda offre alternative vegetali che replicano il gusto, la consistenza e l’esperienza dei formaggi tradizionali, promuovendo la sostenibilità ambientale e alimenti che non utilizzano ingredienti di origine animale.

Il 27 novembre 2024 il caseificio ha ricevuto una diffida dal Ministero dell’Agricoltura che, a seguito di un controllo sull’e-commerce aziendale, ha contestato l’uso della parola “formaggio” per prodotti completamente vegetali.

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Secondo il Regolamento (UE) n. 1308/2013, termini come “formaggio” sono legalmente riservati ai prodotti lattiero-caseari di origine animale. Neppure le specifiche chiaramente riportate sui prodotti, come “alternativa vegetale al formaggio” o “alimento vegetale a base di bevanda di soia/mandorla”, sono state ritenute sufficienti per rispettare la normativa.

Inoltre, il Ministero ha giudicato ambigue alcune dichiarazioni presenti sul sito, come “solo ingredienti di alta qualità” e “naturalmente senza colesterolo”, perché considerate non conformi per le normative europee. La diffida impone la rimozione immediata di ogni riferimento alla parola “formaggio” dai prodotti, così come delle frasi “naturalmente senza colesterolo” e “solo ingredienti di alta qualità”. In caso contrario, il Caseificio potrebbe essere sanzionato fino a 30 mila euro.

Le dichiarazioni della proprietaria del caseificio

“È difficile fare una lettura serena di questa diffida – dichiara Barbara Ferrante, proprietaria del Caseificio, a cui abbiamo telefonato – Trovare un equilibrio tra rispettare la normativa e comunicare chiaramente ai consumatori è sempre stato il mio obiettivo. È palese che chi compra i miei prodotti non può essere ingannato: chi cerca un’alternativa vegetale sa benissimo che non contiene latte o ingredienti animali. Scrivere ‘formaggio’ mi sembrava naturale, perché parliamo di formaggi vegani. Ora però mi chiedo: come li dovrei chiamare?”

E aggiunge: “Il mio avvocato mi ha consigliato di togliere tutto. Le sanzioni che mi minacciano sono troppo alte per la mia piccola attività, che non riuscirebbe a sostenerle. Mi adeguerò alla legge, anche se ritengo che sia profondamente ingiusta. Questa diffida segna però l’inizio di una battaglia: non possiamo più tollerare che un settore etico e sostenibile venga costantemente penalizzato. La nostra stessa esistenza fa emergere contraddizioni insanabili all’interno di un modello produttivo che sopravvive unicamente grazie a un consistente drenaggio, peraltro poco trasparente, di risorse pubbliche”.

La censura dei prodotti vegetali

Questa diffida è frutto di una normativa approvata nel 2013 e che rispondeva alle richieste delle grandi aziende che producono latticini – il cui potere e influenza lo abbiamo mostrato anche nel documentario Food for profit. Recentemente, l’UE ha invece stabilito che termini come “burger” e “salsiccia” possono essere utilizzati per prodotti vegetali, purché sia chiara la loro composizione. Questo evidenzia la problematicità della legge italiana, voluta dal ministro dell’Agricoltura Lollobrigida e approvata l’anno scorso, che censura queste parole per i prodotti alternativi – e quindi li penalizza. 

 

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Un post condiviso da @foodforprofit

In un contesto globale segnato dalla crisi climatica e da una crescente domanda di alimenti sostenibili ed etici, queste restrizioni devono essere riviste, perché incoerenti con gli obiettivi europei di transizione ecologica.